mercoledì 29 giugno 2016

L'incipit - #Corso #Scrittura

Glauco Silvestri
Non ricordo più chi fu a dire che: 'un romanzo è composto da un inizio, uno svolgimento, e una fine. Non necessariamente in questo ordine'
In effetti non è importante chi abbia pronunciato questa frase per primo, l'importante è che essa sia una assoluta verità. Se amate leggere, di sicuro vi sarete resi conto che tutti i romanzi, persino i racconti, rispondono a questo assioma assoluto.
Non c'è molto da aggiungere in tutto ciò, se non che la parte più importante di un romanzo, è l'incipit.
L'incipit, ovvero l'inizio del romanzo, è l'amo che cattura il pesce, ovvero ciò che conquista il lettore quando comincia a leggere il libro.
Se l'incipit non funziona, allora il romanzo dovrà fronteggiare un lettore dubbioso, non colpito da primo amore, e potrebbe anche rischiare di essere abbandonato prima di giungere alla sua conclusione. E' quindi importante riuscire sin da subito nell'impresa difficile di catturare l'attenzione del lettore.

Ma come si fa? E' un bel mistero! Anche perché i lettori non sono tutti uguali. C'è chi ama essere preso per il collo, e chi invece preferisce una partenza lenta e tranquillizzante. C'è chi vuole essere buttato nel bel mezzo della storia, e chi invece preferisce ambientarsi un pochino alla volta. Per cui, scrivere un buon incipit, è forse più difficile che scrivere l'intero romanzo. Non dico che dobbiate perderci notti su notti, ma neppure che iniziate il vostro lavoro con la prima frase che vi capita.

Note: A questo indirizzo potete trovare moltissimi incipit di romanzi famosi.

Il mio primo romanzo lo cominciai mettendo a confronto padre e figlio. Il figlio doveva compiere un'impresa che lo avrebbe fatto divenire un adulto agl'occhi dell'intera tribù. Impresa che - il lettore in quel momento ancora non lo sa - verrà dimenticata in fretta per via di una scoperta inquietante, e di un pericolo mortale per tutta quanta la sua razza. Il dialogo è stringato. Il figlio ha paura, e allo stesso tempo vuole dimostrare il suo valore. Il padre anch'egli è spaventato, teme che il figlio non ce la faccia, che non ritorni più, e allo stesso tempo è fiero di lui e del suo vigore. I due, per certi versi si confidano, per altri mentono sia a sé stessi, sia all'altro.
In un altro romanzo ho invece preferito un incipit più crudo, buttando il lettore in una situazione di pericolo. Una ragazza appena uscita da una festa tra amici si sente braccata, scappa, non trova nessuno a cui chiedere aiuto, inciampa e cade a terra. Ovviamente era braccata, e altrettanto ovviamente non vedrà la luce del sole.

Note: A questo indirizzo potete leggere la prima pagina di tutti i miei ebook.

Se il primo romanzo ha un avvio più lento, rispetto all'altro che ho citato, è per il fatto che solitamente sono portato a dare all'incipit il ritmo, o l'emotività, che poi vorrei trasmettere nella lettura del romanzo stesso. Il thriller, di  conseguenza, inizia in modo più crudo, aggressivo, veloce. Il romanzo di fantascienza è invece più ponderato e riflessivo.
L'incipit, a mio parere, deve mostrare al lettore cosa incontrerà nelle pagine successive.
Non lo deve fare solo introducendo la vicenda narrata, ma anche mostrandone lo stile narrativo, e l'emotività che l'autore vuole suggerire nella lettura. In pratica, l'incipit è una introduzione a tutto tondo. Introduce alla storia. Introduce allo stile narrativo. Introduce al tipo di emozioni che il libro vuole regalare. Introduce il lettore nell'ambientazione scelta dall'autore. Introduce inoltre allo stile narrativo dell'autore.
L'incipit è la carta di identità del romanzo.
Un incipit sbagliato è un mezzo fallimento del romanzo. Ma non abbiate troppa paura di sbagliare perché, come già vi ho detto, i lettori non sono tutti uguali, e ciò che non piace a uno, potrebbe piacere ad altri dieci. L'importante che abbiate cura di questo elemento, e che non lasciate al caso la sua forma.

Quanto deve essere lungo un incipit? Alcuni - molti - pensano che l'incipit debba essere circoscritto alle prime righe del romanzo. Diciamo tre, quattro, massimo cinque righe. Io sostengo che l'incipit vada esteso alla prima pagina in toto, prima e seconda, volendo, senza però esagerare troppo. Concedo più prolissità all'incipit per il motivo che non credo nel valore assoluto di una singola frase, credo invece fermamente che sia il contesto a conquistare il lettore. Per quanto una frase sia bella, se poi la successiva è scialba, la narrazione del testo finisce per perdere subito mordente. Se la prima pagina è bella, il lettore si rende conto anche delle capacità narrative dell'autore, e di conseguenza si sentirà più invogliato a proseguire.
Non c'è una regola assoluta su come fare un incipit di buona qualità.
Credo fermamente che ogni autore debba trovare la propria strada, e sono altrettanto convinto che col passare del tempo, con la maturazione, i buoni incipit vengono da soli, e il nervosismo della prima battuta sul foglio andrà a scemare mano a mano che l'autore prenderà confidenza con sé stesso, con il suo scopo, con il suo stile narrativo. Credo poi che si debba sperimentare, che non si debba focalizzare ogni energia su un metodo che si è visto funzionare. Più padronanza dei vari stili si possiede, meglio si riesce ad affrontare ogni situazione narrativa. E' una regola generale che funziona in ogni disciplina, e probabilmente, nella vita stessa.

Fate esercizio, magari, scrivendo racconti brevi. A volte un racconto breve potrebbe addirittura divenire l'incipit di una storia più lunga, se non addirittura di un vero e proprio romanzo.



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mercoledì 22 giugno 2016

Struttura - #Corso #Scrittura

Glauco Silvestri
La struttura del mio romanzo 'Il cacciatore di Uomini'
Quando si inizia a scrivere, di solito, ci si mette di fronte a una pagina bianca, una tastiera, e si parte con la scrittura. Così lavorano tanti, specie se alle prime armi. Eppure non è un metodo sensato, perché conduce al rischio di commettere errori facilmente evitabili.
Scrivere, come tutte le attività, necessita di un briciolo di organizzazione del lavoro.

Un testo narrativo è costituito da molte componenti. C'è ovviamente la storia. Ci sono i personaggi. Ci sono le ambientazioni.
Sembra facile, ma così come nei film spesso e volentieri si possono scovare errori banali (n.d.r. Tipo un bicchiere vuoto che diventa improvvisamente pieno), allo stesso modo un autore può cadere in errori analoghi, se non ci si organizza.
Bisogna mettersi a tavolino e organizzare una sorta di struttura del romanzo. 
Diciamo che è lo scheletro di quanto si andrà a scrivere. 
La struttura deve tenere conto degli elementi fondamentali della vicenda, tipo le location, gli spostamenti, le situazioni che si vogliono descrivere, i collegamenti tra storie parallele, i personaggi che interagiscono in ogni singola scena. 
A essa andrebbe aggiunta anche una sorta di rubrica dei personaggi.
Una tipica scheda personaggio da gioco di ruolo
Sembra banale, ma può capitare che per la fretta, o una dimenticanza, un personaggio moro diventi biondo, o anche peggio. Sarebbe meglio costruire una sorta di scheda personaggio, come avviene nei giochi di ruolo, ove indicare tutte le sue caratteristiche, il suo ruolo nella storia, e magari anche un background della sua vita personale, che potrebbe venire comodo per dare maggiore tridimensionalità al carattere.

Tutto ciò, a primo acchito, potrebbe sembrare superfluo, scrittori con grande esperienza sono in grado di gestire tutte queste informazioni senza bisogno di metterle per iscritto, ma quando si è alle prime armi - credetemi - è un esercizio importante. La qualità dello scritto migliorerà moltissimo, anche se dovrete trattenere l'eccitazione del momento e la voglia di buttarvi subito sulla storia.
Avere una struttura, o doverne creare una, non significa il dover seguire uno schema rigido e immutabile. La struttura può essere abbozzata all'inizio, poi modificata in fase di scrittura, resa più complessa, o semplificata, a seconda delle esigenze narrative o del cambio di obiettivi, o di idea. 
E' importante che esista per mantenere viva la coerenza della storia.
Ma non va pensata come un qualcosa che limita la vostra immaginazione.

L'immagine che potete osservare all'inizio di questo articolo è la struttura di un mio romanzo: Il cacciatore di Uomini, inizialmente pubblicato da Pyra edizioni, e poi riproposto in formato ebook autoprodotto, quando Pyra ha abbandonato il mercato editoriale.
Come potete osservare, lo schema è molto semplice. Si tratta di un diagramma di flusso in cui sono indicate le varie scene del romanzo, la loro concatenazione, e poco altro. Il romanzo nasceva come completamento di un'altra opera narrativa, Professione: Assassino, nata come racconto in distribuzione gratuita, e di seguito ampliato fino a diventare un romanzo breve. Ciò mi ha permesso di essere molto sintetico nella struttura de Il cacciatore di Uomini, visto che molti personaggi derivavano dal precedente scritto. Ciò non toglie che abbia comunque valutato ogni intreccio possibile prima di ricorrere alla stesura effettiva del romanzo in questione.
Devo inoltre sottolineare che tale struttura si è evoluta nel tempo, complicandosi negli intrecci, quando nuove idee si sono sovrapposte alle esistenti.

Ogni scrittore può scegliere il modo a lui più congegnale per redigere la struttura del proprio romanzo. Io ho optato uno schema a blocchi per via della sua praticità, e del mio background tecnico. Altri potrebbero preferire metodi differenti, e perché no, anche annotazioni su dei post-it.

Ci sono software di videoscrittura che vengono incontro a questa esigenza. Sono pensati appositamente per gli scrittori, e in alcuni casi, sviluppati sotto la stretta consulenza di scrittori famosi. Uno di questi è Scrivener. Ve ne parlo perché ho avuto modo di usarlo per lungo tempo, e ne ho apprezzato le qualità. 
Il software vi consente di creare una struttura del romanzo, di scriverne le componenti semplicemente cliccandoci sopra, e di rimescolare le varie componenti anche in un secondo tempo, così da - per fare un esempio stupido - far diventare capitolo 2 il quarto e viceversa, se ne avete voglia. 
In più ha un'ampia sessione per la costruzione dei personaggi, ove indicare tutte le loro caratteristiche. Ogni personaggio sarà collegato al testo, così che potrete richiamare facilmente la scheda in ogni momento, per arricchirla con nuovi dettagli, o per consultarla prima di far fare qualcosa di sbagliato al personaggio stesso.
Non mancano sistemi per fare ricerca online, con conservazione delle informazioni all'interno del vostro file, così che sia sempre tutto facilmente rintracciabile e consultabile. Può collezionare fotografie di luoghi e persone, e ha anche un ottimo sistema per la correzione del testo, visto che ogni elemento è sempre connesso agli altri, e richiamabile in modo facile e veloce.
Esistono anche altri software di questo tipo. In passato ne esaminai parecchi, ma alla fine scelsi questo per molti motivi, ma soprattutto per la sua versatilità. Ovviamente... Ciò non significa che dobbiate puntare direttamente all'acquisto di questo, o di un altro software di videoscrittura pensato per la narrativa. Ciò che viene fatto da questi programmi può essere fatto anche senza il loro ausilio, con un po' di pratica e di organizzazione. Il risultato finale non cambia di molto. 
L'importante è avere un ausilio che vi permetta di non perdere il filo, o di non perdere qualche dettaglio fondamentale della storia, e cadere in incoerenze che potrebbero danneggiare il vostro scritto.

Ricordate: Bisogna organizzarsi per bene, costruire una struttura, e avere bene a mente le caratteristiche di ogni personaggio presente nella storia.



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mercoledì 15 giugno 2016

Racconto o Romanzo? - #Corso #Scrittura

Glauco Silvestri
Una Olivetti Lettera 22
La mia attività di scrittore ha avuto inizio con un racconto (n.d.r. I miei primi racconti li trovate collezionati in queste antologie). Di solito accade la stessa cosa a molti, se non a quasi tutti, per via delle questioni affrontate nella precedente occasione, al riguardo delle idee. Avere un'idea non sempre è sufficiente per riempire quattrocento pagine di argomenti, per cui si finisce per scrivere un racconto.

Il racconto ha dei vantaggi. Essendo breve, consente all'autore di concentrarsi sulla vicenda, di essere sintetico, di utilizzare pochi personaggi, e di conseguenza, di non perdersi in una trama complessa. I racconti, per quanto brevi, non sono diversi dai romanzi. Cambiano solo i tempi narrativi, e cambia l'approccio alla scrittura, perché non c'è tempo per scaldare i motori.
Tutto va condensato in poche pagine.
E' per questo motivo che molti sono convinti del fatto che un bravo scrittore lo si vede dai suoi racconti. Però il racconto ha anche degli svantaggi, e il peggiore è la sua brevità. Non c'è spazio per approfondire, non c'è spazio per costruire un background adeguato, non c'è spazio per... spaziare.

Per quanto sia un formato che amo molto, è evidente a tutti che il racconto non è però la forma narrativa più amata, per lo meno nell'italico paese, dove è raro che una raccolta di racconti, o un racconto singolo, riesca a penetrare quote interessanti di mercato (n.d.r. A meno che non sia distribuito gratis, ma nessuno garantisce che a un download corrisponda una lettura effettuata).

Il romanzo è l'antitesi del racconto. E' lungo, prolisso, e a volte si concede persino di estendersi su più libri, fino a formare un vero e proprio ciclo, dove i personaggi principali sono sempre gli stessi, ma le storie sono sempre nuove. Ne è un esempio la saga di Nikki Heat, apparsa anche in televisione con la serie tv Castle, ma è una tattica usata da sempre, sia per fidelizzare i lettori, sia per mantenere in vita dei personaggi a cui, magari, lo scrittore è affezionato.
In un romanzo c'è tutto lo spazio che serve per scrivere una storia complessa.
Scrivere un romanzo è però molto più difficile. Aumentano i personaggi, aumentano le pagine, e di conseguenza la vicenda deve esplodere con ritmi e tempi molto diversi da quelli di un racconto. L'autore si trova costretto ad affrontare un problema molto serio: Come evitare che il lettore abbandoni la lettura? 

Esistono inoltre forme di scrittura intermedie, come i racconti lunghi, e i romanzi brevi. Il numero di pagine (n.d.r. Di solito si parla di 'cartelle') definisce la categoria entro la quale rientra lo scritto che vi state preparando a realizzare, ma è difficile trovare una definizione univoca e assoluta.

Io mi son sempre affidato alla seguente distinzione:
  • Racconto breve: Entro le 5000 battute.
  • Racconto: Dalle 5000 alle 10000 battute.
  • Racconto lungo: Dalle 10000 alle 20000 battute.
  • eBook: Tra le 20000 e le 120000 battute.
  • Romanzo breve: Attorno alle 120000 battute.
  • Romanzo: Tra le 120000 e le 400000 battute.
  • Romanzo lungo: oltre le 400000 battute.

Tenete conto che certi termini nel mondo della scrittura derivano da un periodo storico in cui si scriveva a macchina. Alcuni di voi, i più giovani, non avranno mai visto dal vivo uno di questi strumenti meccanici per la scrittura, ormai si fa tutto al computer, ma è importante comprendere - e lo vedremo più avanti - che queste terminologie hanno ancora molta importanza. Per questo motivo sono costretto a divergere per qualche riga dall'argomento principale per spiegare alcuni concetti.
La macchina da scrivere, al contrario dei computer, aveva un solo font, e tutti i caratteri erano larghi uguali.
Questo è un concetto fondamentale da tenere presente, perché oggi, con i computer, vengono usati font di tipo True Type, Open Type, o ancora Postscript, ove ogni carattere ha una propria dimensione (n.d.r. La lettera 'i' è più stretta della lettera 'e', per fare un esempio pratico), e di conseguenza cercare di ottenere una 'cartella' come da definizione potrebbe risultare piuttosto difficile.

Note: Il font Courier, non il Courier New, è uno dei pochi rimasti con i caratteri tutti larghi uguali.

Tenendo presente le caratteristiche di una macchina da scrivere, ecco quindi un breve glossario che dovrà essere studiato a dovere:
  • Battuta: Equivale alla pressione di un tasto. In pratica è il singolo carattere. Può essere una lettera, un segno di interpunzione, e anche lo spazio. 
  • Cartella Standard: E' una pagina scritta. Di solito è costituita da 30 righe da 60 battute, spazi inclusi.
  • Interlinea: Indica lo spazio tra una riga e l'altra. Può essere singola, ovvero una andata a capo, o doppia, ovvero con due andate a capo.

Note: Di solito una cartella standard ha le dimensioni di un foglio A5 (la metà di un A4) con adeguati margini sui tutti e quattro i lati.

Detto ciò, la distinzione tra racconto e romanzo che ho presentato poco fa dovrebbe esservi più chiara. Rimane solo una questione da affrontare. Come avete notato, c'è una voce indicata in rosso. Si tratta della voce ebook, ovvero del libro elettronico.

Per quanto gli ebook non abbiano limiti di formato, e di conseguenza possono essere lunghi come un racconto, o come un romanzo, ho notato che quelli che ottengono maggior interesse hanno una lunghezza tale da inserirsi tra le tre varianti di racconto e le tre varianti di romanzo. 

Nel tempo mi son spiegato questo fenomeno con l'idea che l'ebook sia per lo più una lettura da viaggio, vista la praticità dei lettori elettronici, e che per tale motivo prediliga storie di lunghezza media. Un'altra spiegazione potrebbe essere colta dal fatto che gli ebook, a volte, vengono letti anche attraverso dispositivi non nati appositamente a questo scopo, come i tablet, o gli smartphone con schermi generosi. In questo ultimo caso, visto che i display attivi - nei tempi lunghi - provocano affaticamento alla vista, i lettori dovrebbero essere predisposti alla lettura di testi non troppo lunghi.



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mercoledì 8 giugno 2016

L'Idea - #Corso di Scrittura

Glauco Silvestri
Da dove parte il processo creativo? Da un'idea, ovviamente. Si tratta di un concetto così semplice che suppongo tutti rimangano stupiti del fatto che si sia dedicato un intero post sull'argomento, eppure è così, perché dalla sola idea non può nascere un intero romanzo, e forse neppure un semplice racconto. 
Le idee più efficaci sono quelle più semplici.
Bastano poche parole per descrivere un'ottima idea. Più l'idea è complessa, meno persone la comprenderanno appieno, e più alto sarà il rischio che essa non funzioni. E' per questo motivo che dall'idea iniziale non può nascere un testo complesso, e di conseguenza, un romanzo e/o un racconto. Però è anche vero il contrario, e suppongo che da questo momento proseguirete a leggere con un po' di perplessità. E vi capisco bene, perché agli inizi credevo bastasse l'idea e uno strumento per scrivere, e che il resto sarebbe venuto in automatico, senza troppa fatica.

Bene! Facciamo subito una prova pratica. Se state affrontando questo corso vuol dire che già avete un'idea da trascrivere. Non esitate un minuto di più. Cominciate a scrivere... Ce la fate a riempire 100 cartelle basandovi solamente sull'idea originale?

Se la risposta è sì, buon per voi. E' però probabile che a un certo punto vi bloccherete, o vi insabbierete, o perderete il sentiero, o...
Il fatto è che un romanzo non è costruito semplicemente su una idea, bensì su un castello di idee. 
C'è quella principale, quella che funge da motore dell'intera storia, e quella che vi ha acceso la scintilla. Poi ci sono idee minori, quelle che servono a comporre ogni singolo tassello della storia che avete in mente, perché un romanzo, come poi lo è anche la vita vera e propria, è composto da più vicende che si intrecciano tra loro. Ogni singola vicenda ha bisogno di un cuore pulsante, un'idea, che la renda avvincente e credibile.
Così come è difficile che funzioni un romanzo con un solo personaggio, è altrettanto difficile che una storia stia in piedi basandosi su una singola idea.

Prendiamo a esempio Robinson Crusoè. Romanzo di Daniel Defoe, scritto nel 1719, in cui è narrata la vicenda di un naufrago... E invece no, perché il naufragio non avviene a inizio libro. Robinson Crusoè è figlio di un mercante di Brema, poi emigrato in Inghilterra, che sogna di fare il marinaio quando invece il padre vorrebbe per lui la carriera da avvocato. E' la storia di un ragazzo che si ribella ai voleri del padre, che fugge a 19 anni per imbarcarsi. Nel suo primo viaggio, diretto alle coste del Nord Africa, viene fatto prigioniero - e schiavo - da dei pirati. Quando riesce a fuggire, si reca in Brasile, dove per diverso tempo guida una piantagione di canna da zucchero. Torna in mare solo molto tempo dopo, con l'intento di catturare degli africani da rendere schiavi per la sua piantagione, ed è in quell'occasione che fa naufragio, e rimane unico superstite della nave che lo trasportava. Lì rimane per 28 anni, e ne passa di ogni colore. Dopo i primi 12 anni di solitudine scopre di non essere veramente solo, scopre una tribù cannibale che sta per giustiziare un selvaggio... Che poi è Venerdì.

E la storia prosegue, ma vi consiglio di leggere il libro, che è di sicuro meglio che leggere il mio riassuntino. Il concetto che invece volevo mostrare è che anche un romanzo noto per essere la storia di un naufragio, è tutt'altro. Si tratta di una umana avventura, della storia di un uomo che decide di abbandonare la sua vita per affrontare il mare, fare nuove esperienze, lottare, credere in sé stesso, superare difficoltà e quant'altro.
Ogni avventura vissuta da Robinson Crusoè è nata da un'idea.
E ognuna di queste idee è un tassello che va a riempire i vuoti di quella che probabilmente è stata all'origine di tutto.
Ecco quindi il perché non basta una singola idea per costruire una storia. Ecco quindi perché, al momento in cui si ha una illuminazione, il principio di una vicenda, l'idea che alimenta il fuoco, bisogna trattenersi dal mettersi subito a scrivere, e affrontare la costruzione del romanzo con coerenza, e determinazione.

Ma dove nasce l'idea principale? E dove nascono le idee secondarie? Ogni sorgente è possibile. Può essere un'altra lettura, o un sogno, o un film, o semplicemente il testo di una canzone, o l'articolo di giornale. Tutto fa brodo... E per fare un esempio pratico, non posso che indicare 31 Ottobre, uno dei miei romanzi, nato da un sogno, e dove quel sogno è diventato - addirittura - il capitolo iniziale della storia.



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domenica 5 giugno 2016

Tre #Film in Fila - #Recensione

Glauco Silvestri
Passare una giornata preda di un attacco di allergia ha anche dei pregi. Si sta relegati in casa, si cerca di placare gli starnuti, si ha mal di testa, si tengono le luci basse, si prova persino con una doccia, e ovviamente gli antistaminici... Poi c'è la tele. E io ho approfittato di questo, e mi son visto tre film, che forse non legano molto tra loro, ma che meritano di essere visti.

Partiamo da quello più fracassone, ovvero Resident Evil. Il primo della saga, quello del 2002, che uscì proprio quando avevo una mezza cotta per Milla Jovovich. Qui c'è anche Michelle Rodriguez, che veste i suoi soliti panni della donna-marines con i controcog__oni! 
La trama è semplice: La Umbrella Corporation sta facendo esperimenti sul virus-T. Un gruppo di ambientalisti cerca di rubare il virus per rivelare al mondo le malefatte della multinazionale, ma qualcosa va storto, il virus si diffonde nel laboratorio, e i computer lo isolano dal mondo. Un gruppo di mercenari assoldati dalla Umbrella è incaricato di scoprire cosa è successo, e ovviamente dopo un primo momento di smarrimento, si troveranno ad affrontare i prodotti del virus-T, mostri assetati di carne umana...
Bella lei, trama che regge sia la drammaticità, sia la parte action. Questo primo film funziona bene, i successivi diventano troppo 'videogame style' per reggere al confronto. Qui i personaggi hanno spessore e - se si fa finta di non conoscere il videogame - c'è pure un po' di mistero. Bello e da vedere!

Il secondo è di tutt'altro genere, ed è vecchiotto, addirittura del 1957. La parola ai giurati è un film di Sidney Lumet, tutto girato in soli 17 giorni! Il cast è notevole, si parte da Henry Fonda, e gli altri ve li lascio indovinare. La storia è semplice. Un ragazzo viene accusato di aver ucciso il padre a coltellate. Non ci sono prove dirette, solo una moltitudine di prove indiziarie che comunque incastrano il giovane senza ogni possibile ragionevole dubbio... Per lo meno così si crede. Ma quando la giuria si ritira per deliberare, ecco che accade l'inverosimile. Alla prima votazione 11 votano colpevole, uno vota innocente. Comincia allora un dibattito acceso e complesso, dove ogni prova indiziaria viene rianalizzata e discussa. Ci sono battibecchi, e numerose votazioni. C'è chi vuole uscire in fretta per poter andare allo stadio, c'è chi invece è risoluto a condannare il ragazzo perché è un immigrato violento e delinquente. E così una discussione che pareva essere breve, si prolunga fino a notte fonda... Molto molto avvincente, per quanto si girato tutto quanto all'interno di una singola stanza.


Terzo film, questo più recente, è Il discorso del Re. Storia avvincente della salita al trono d'Inghilterra di Re Giorgio 6, colui che fece il discorso alla nazione quando l'Inghilterra dichiarò guerra alla Germania di Hitler. Ebbene, ciò che pochi sanno è che il neo sovrano soffriva di una terribile balbuzie, e che per di più non doveva neppure ascendere al trono, visto che questo spettava al fratello (n.d.r. Intenzionato, però, a sposare una donna divorziata... Vietatissimo, all'epoca, agli appartenenti della casa reale). Il film ci racconta del difficile rapporto tra il sovrano e Lionel Logue, un anticonformista insegnante di dizione, attore senza successo, che tenterà l'impresa impossibile di far parlare in pubblico, in modo fluente, il futuro sovrano inglese. Film intenso, pluripremiato, e ottimamente recitato da Colin Firth, Geoffrey Rush, e Helena Bonham-Carter. Da vedere!



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giovedì 2 giugno 2016

Elezioni Comunali 2016

Glauco Silvestri
Ormai mancano pochi giorni alle elezioni comunali (n.d.r. E ancor meno al mio compleanno). La battaglia è serrata per il 'trono' di Bologna e i contendenti, in queste ultime settimane, hanno affilato gli artigli e lottato con forza per proporre la loro 'Bologna del futuro'. L'indecisione è tanta, per cui (n.d.r. Con l'aiuto di alcuni articoli di BolognaToday e Giornalettismo) provo a fare un riassuntino per iscritto così da aiutare (me stesso) a prendere una decisione.

Il sindaco in posa goliardica durante
l'inaugurazione della mostra egizia
Virginio Merola (qui un'intervista) si ripropone per il PD. Ha governato Bologna negl'ultimi cinque anni. Si da atto che ha fatto molto per il centro storico, sia dal punto di vista culturale, sia dal punto di vista turistico; ha sbrogliato il problema Civis; ha avviato cantieri che da troppo tempo lambivano nel limbo (n.d.r. Come il People Mover). Tra gli elementi negativi c'è una elevata distrazione nei confronti delle periferie (n.d.r. Illuminazione led e piste ciclabili non sono granché quando la cittadinanza chiede ben altro), una politica del traffico surreale, l'aver ignorato completamente i risultati relativi al referendum sul finanziamento alle scuole private, e le attualissime polemiche riguardo all'approvazione del passante di mezzo.


Manes Bernardini (qui un'intervista) è il grande sconfitto delle precedenti elezioni, se non ricordo male. Si presentò all'epoca sotto il simbolo della Lega, oggi si muove con la lista civica Insieme Bologna (UDC/NCD). 
Di sicuro un personaggio solido e coerente con le proprie idee, che promette una battaglia serrata all'ultimo voto.


Massimo (Max) Bugani (qui un'intervista) è il candidato per M5S. Si presenta con già una polemica a pesargli sulle spalle, perché scelto senza le tradizionali 'comunarie' (n.d.r. un'equivalente delle primarie, ma svolte via rete tra i militanti locali del movimento, se non erro) in quanto fedelissimo di Grillo. 
Il programma di Bugani è in linea con quanto il movimento solitamente promuove, quindi meno cantieri inutili, meno inciuci con i poteri forti, più voce ai cittadini... Tutte iniziative lodevoli, ma dovrà scontrarsi con i recenti problemi caduti sulle spalle degli attuali sindaci pentastellati.


La Borgonzoni assieme a Salvini,
 immortalati a Milano Marittima
 durante la Festa della Lega
Lucia Borgonzoni (qui un'intervista) è la rappresentante della Lega, ma si propone per tutto il centro destra in quanto il PDL non aveva un candidato per la carica di sindaco. Unica donna tra i papabili, è una proposta interessante perché di sicuro un punto di vista femminile a guida della città porterebbe aria nuova sotto le due torri.
Sfortunatamente parte già con una spada di damocle sopra la testa, ovvero una indagine relativa a una faccenda di 700 euro legata alla campagna elettorale del 2009 (qui). Si farà sicuramente chiarezza sulla questione, ne sono convinto, e il fatto che una roba del genere sia apparsa sui giornali a qualche settimana dalle elezioni... be', a pensar male...

Federico Martelloni (qui un'intervista) si presenta con Coalizione Civica (SEL). Pugliese di origine, vive a Bologna sin dai tempi degli studi universitari. La sua campagna, a quanto si legge nell'intervista, è mirata a tamponare le falle evidenziate dagli ultimi 5 anni con Merola. Si parla ovviamente di traffico, di emergenza case, del referendum sul finanziamento alle scuole private...

Questi sono i principali contendenti al trono. 

Il simbolo, alle comunali, importa poco. Contano di più le persone, i loro obiettivi, e la loro visione per il futuro della città. Si discute di problemi terreni, locali, e non di iperboli economiche e di alta politica. Per cui, mentre io rifletto prima del voto, vi lascio altri due link da cui partire per avere maggiori informazioni: Qui e qui.



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mercoledì 1 giugno 2016

Perché Scrivere? - #Corso #Scrittura

Glauco Silvestri
Ecco la domanda che si dovrebbe porre un aspirante scrittore: perché voglio scrivere? Se non vi siete mai posti questa domanda e state pensando di cominciare a scrivere, allora è meglio che vi soffermiate qualche minuto, o forse è meglio un lasso di tempo più lungo, su questa domanda.

Scrivere per diventare ricchi e famosi? Se pensate sia possibile, ebbene sì, è possibile, ma è poco probabile. Di scrittura si campa se si imboccano i sentieri giusti; ma in un paese dove un italiano su due legge appena un libro all'anno, e di quel 50% solo un 10% legge un libro al mese, quando in media si pubblicano circa 60000 titoli nuovi all'anno (n.d.r. Non sono dati precisi, ma servono a dare l'idea di cosa accade nel paese, e non si discostano troppo dalla realtà... Anzi, forse sono persino un po' ottimisti), le probabilità di diventare ricchi e famosi scemano clamorosamente.

Scrivere per sé stessi? Sì, lo dicono in tanti, e persino io lo dicevo, e lo dicevo con convinzione. Probabilmente è pure vero: uno scrive per sé stesso, perché sente il bisogno di esternare ciò che ha dentro, e la scrittura è probabilmente uno dei metodi più intimi per esternare sé stessi. Allo stesso tempo, però, è altrettanto vero che si scrive per il bisogno di esternare, e conseguentemente, di comunicare con il prossimo, altrimenti basterebbe un diario con tanto di lucchetto sulla copertina.

Scrivere perché si ha l'idea giusta? Probabilmente l'idea non è poi così giusta, e non è neppure tanto originale. Avete presente quando vi trovate di fronte a degli amici/parenti/colleghi/conoscenti e provate a spiegare il vostro desiderio di cominciare a scrivere? C'è sempre qualcuno che sbotta dicendo che si dovrebbe scrivere la storia della sua vita, perché lui sì che ne avrebbe da raccontare... E voi, ovviamente, sapete bene che la sua vita non è poi così 'speciale'. Ecco, paradossalmente il fatto che volete scrivere la vostra storia vi mette nei panni di quella persona vista dagl'occhi di tutti gli altri. Ognuno crede che la propria storia sia speciale, è normale, ma fate mente locale e domandatevi se la vostra convinzione è frutto del puro orgoglio o se invece c'è qualcosa di veramente fuori dall'ordinario. Ricordatevi che il mondo è grande, ci sono giornalisti che vengono decapitati perché finiti nelle mani dei guerriglieri sbagliati, bambini di 10 anni che fanno la guerra (e non - semplicemente - giocano alla guerra), ci sono città che vengono devastate dagli Tsunami, o da incidenti nucleari, o da invasioni militari di fondamentalisti religiosi. Ci sono persone che vengono uccise durante una rapina da pochi euro, persone che rubano nei supermercati perché non riescono neppure a comprarsi un pezzo di pane, persone che muoiono perché attraversano i binari ascoltando musica, senza notare che le sbarre sono calate, che tutti i segnali indicano pericolo, e che un treno ad alta velocità è diretto, a trecento chilometri orari, a sirene spiegate, contro di loro. Avete davvero qualcosa da raccontare che sia meglio di quanto già offre la realtà e l'esperienza altrui?

Scrivere perché si ama leggere? Ecco, finalmente, un concetto interessante. Amare al punto la lettura da voler partecipare al processo creativo, e contribuire a esso, con il proprio lavoro. Perché no? Suona bene. Ma è sufficiente? Leggere e Scrivere fanno parte dello stesso processo comunicativo, ma rispondono a due necessità differenti: la prima attività è rivolta all'assorbimento di informazioni; la seconda produce informazioni. Una è spinta dal desiderio di ampliare i propri confini; l'altra dalla volontà di diffondere le proprie conoscenze. L'una non rifiuta l'altra, ed essere lettori forti aiuta sicuramente nel processo creativo della scrittura. Benché però l'una non neghi l'altra, allo stesso tempo, non è detto che un buon lettore debba per forza essere un ottimo scrittore.

Quindi? Diciamocelo sottovoce: ogni motivazione che siamo in grado di esternare è un semplice alibi. 
Scrivere è parte del nostro essere. 
Essendo parte di una specie che ha nel proprio DNA la necessità di vivere in comunità, di essere sociale, tutti noi abbiamo bisogno di ascoltare le esperienze altrui, e allo stesso tempo sentiamo la necessità di raccontare le nostre. Accadeva quando ancora si viveva allo stato brado, ancora oggi lo si può notare nell'arte rupestre; è accaduto in tempi illuminati della nostra crescita sociale, tanto che gli scritti dei grandi filosofi sono sopravvissuti e giunti fino ai giorni nostri; e suppongo accadrà sempre, anche in futuro, sempre che non ci si estingua a causa di uno dei tanti, innumerevoli, difetti che la razza umana possiede.

Scriviamo per comunicare. Scriviamo per raccontare storie. Scriviamo per proporre le nostre idee. Scriviamo per essere ascoltati. Scriviamo per provare che esistiamo veramente, e magari per lasciare qualcosa di noi ai posteri. Scriviamo per riempire un vuoto dentro di noi, così come leggiamo per colmare le nostre lacune. Si tratta di riempire dei vuoti... Ecco perché scriviamo. Se non scrivessimo, non avrebbe senso l'esistenza delle pagine bianche, e dell'inchiostro. Ovunque si guardi esiste un vuoto da colmare, e il nostro istinto è di colmarlo con la scrittura.



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