mercoledì 30 dicembre 2015

Giocare con il Movimento: Il Panning - #Corso #Fotografia

Glauco Silvestri
Scattare foto d'azione, o foto a soggetti in rapido movimento, può spaventare i fotografi meno scafati.
Nonostante le fotocamere odierne abbiano dei preset che aiutano questo tipo di scatti (n.d.r. Qui a fianco è indicato il preset sulla ghiera della Canon EOS700D), non sempre le foto vengono come le si immagina, un po' a causa dell'inesperienza, un po' perché per ottenere foto d'effetto è necessario andare un po' oltre alle tecniche di base per scattare una buona foto.

Una tecnica fondamentale per ottenere ottime foto in movimento è il Panning.
F/6.3 ISO100 1/125" 55mm
Per il Panning è necessario utilizzare tempi di scatto ridotti. E' inoltre necessario seguire il soggetto, muovere la fotocamera alla stessa velocità a cui si muove quest'ultimo, cercando di tenerlo inquadrato sempre nella stessa posizione del fotogramma. 
Ciò consentirà di ottenere una foto dove il soggetto è perfettamente a fuoco, e lo sfondo in movimento, dando così il senso della velocità.

Ammetto che è necessario allenarsi un pochino per cercare di mantenere inquadrato il soggetto mentre lo si segue con la fotocamera, anche perché l'inseguimento deve proseguire anche durante lo scatto, e per qualche secondo anche dopo lo scatto, altrimenti l'effetto verrebbe meno. In più, al momento dello scatto, il mirino si oscura, e ciò rende tutto più complicato.
A vantaggio del fotografo c'è l'uso di tempi rapidi. La gamma di velocità dell'otturatore dovrebbe essere per lo meno nel range tra 1/15" e 1/60", a seconda della velocità del soggetto.
Potete trovare aiuto anche nell'uso di un treppiede, o di un monopiede, se il soggetto si muove in modo lineare prevedibile (n.d.r. per esempio una automobile, o un treno, o un cavallo che corre di fronte a voi). Il più delle volte, però, dovrete affidarvi solamente a voi stessi...
E' importante evitare il più possibile i movimenti bruschi, cercare di muoversi solo in una direzione (orizzontale) e ridurre al minimo i movimenti verticali e l'inclinazione. Soprattutto bisogna essere fluidi, convinti, e non muoversi a scatti.
Potete inoltre farvi aiutare dallo scatto continuo, come ho fatto per il gabbiano soprastante. Ammetto che quando l'ho visto, non avuto tempo per impostare a dovere la macchina, per cui mi son dovuto fidare dello scatto continuo e dell'automatismo, che ha preferito un tempo veloce veloce, impostato su 1/125", che forse non è l'ideale... Ma il gabbiano era velocissimo e ciò mi ha salvato. L'importante è mettere a fuoco il soggetto in modo che l'automatismo non si confonda con ciò che sta alle sue spalle, o davanti a esso.

Qui di seguito vi riporto l'intera sequenza di immagini scattare per il gabbiano...











In questa sequenza ho messo a fuoco il gabbiano quando era di fronte a me, un'immagine facile da inquadrare e mettere a fuoco correttamente. Poi ho dovuto solamente scattare a ripetizione con l'accortezza di seguire il volo dell'uccello senza perdere l'inquadratura, e soprattutto la messa a fuoco. 
E' da notare che nel momento in cui il gabbiano si trova all'apice del suo volo le foto siano venute sovraesposte. Ciò è dovuto al fatto che la messa a fuoco è stata fatta sulla prima immagine, quando il gabbiano volava basso, in una zona in ombra.

Questo tipo di scatti richiede un po' di esperienza. Bisogna provare e riprovare, soprattutto è necessario riuscire a muoversi seguendo il soggetto, mantenendolo inquadrato, e a fuoco, anche quando l'immagine scompare dal mirino durante gli scatti.

Note Pratiche: Se avete un obiettivo stabilizzato che non prevede una posizione per il Panning, disattivate lo stabilizzatore, altrimenti il sistema potrebbe tentare di correggere l'effetto movimento, rovinando la foto. 

Note Pratiche 2: Vista l'impossibilità di utilizzare lo stabilizzatore, l'uso dello scatto continuo aiuta a ridurre al minimo le vibrazioni della fotocamera.



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mercoledì 23 dicembre 2015

Giocare con gli Obiettivi: Il tappo Stenopeico - #Corso #Fotografia

Glauco Silvestri
La mitica scatola delle sorpresine del Mulino Bianco
Le prime lezioni di fotografia le ho ricevute da bambino, grazie a un maestro delle elementari che mi permetteva di provare la sua Pentax completamente manuale. Fu lui a spiegarmi per la prima volta come funzionava una macchina stenopeica, in pratica, a spiegarmi come funzionavano le prime macchine fotografiche. 
Ricordo che, da bambino costruii due macchine di questo tipo: una piccolissima con una scatola delle sorpresine del Mulino Bianco, una più grande con una scatola da scarpe. Ci giocavo come se quegli schermi artigianali fossero il mirino del mio aereo da combattimento. Vedevo le immagini rovesciate, al centro avevo disegnato una sorta di tacca di mira... La fantasia dei bambini è davvero senza confini.

Passarono gli anni, ebbi la mia prima fotocamera reflex, dimenticai la spensieratezza delle camere stenopeiche, e mi dedicai alla fotografia su pellicola da 35mm. Il mio primo incontro con una Holga fu più o meno cinque anni fa, guardando una vetrina in centro città. Pensai fosse una macchina fotografica per bambini... Quanto mi sbagliavo... La Holga è una macchina stenopeica funzionante.

Una foto scattata da una Holga
La peculiarità di questa macchina è quella di non dare mai un risultato certo. Fa 'foto brutte', spesso sfuocate, con grande vignettatura, e colori sparati. Solo che queste 'foto brutte' sono davvero belle... per lo meno, il più delle volte hanno qualcosa di davvero unico, incredibile. Qui a fianco potete osservare una foto scattata con una Holga, immagine che ho trovato online grazie a google.

Come funziona? Esattamente come funzionavano le prime macchine fotografiche. Non ha un obiettivo. Possiede solo un otturatore a scatto. La pellicola va avvolta manualmente. E al posto dell'obiettivo c'è un forellino infinitesimale che è posizionato esattamente in modo che la macchina abbia un fuoco infinito. Il tempo di scatto è impostato da una sorta di timer. La sensibilità dipende dalla pellicola inserita.

L'obiettivo Holga
Le immagini create da questa macchinetta mi hanno sempre incuriosito, mai a sufficienza per comprarne una, ma comunque abbastanza per tornare a pensarci ogni tanto. E così, qualche tempo fa, curiosando su Amazon, ho scoperto che esiste un obiettivo Holga da attaccare alla mia Canon. In realtà ne esiste un set completo, e addirittura uno che ha un sistema a revolver tale da permettere di cambiare l'effetto 'Holga' a seconda di quello che si vuole provare.
La cifra è talmente bassa che mi ero quasi convinto a prenderlo senza troppo pensare... Ma poi l'ho inserito nella mia wishlist (n.d.r. Ricordate ciò che ci siam detti sul corredo fotografico?).

Come si usa?
Questo tipo di obiettivo è particolare. E' come se avesse l'apertura del diaframma impostato su valori incredibili. Vi servirà probabilmente un cavalletto, e il telecomando, perché con aperture di questo tipo i tempi diventano davvero lunghi, anche in pieno giorno. Inoltre, per scattare la foto dovete tener conto del fatto che il forellino è tanto piccolino da rendere inutilizzabile il mirino della fotocamera, ma col Live-View dovreste risolvere egregiamente.
Per scattare la foto è sufficiente mettersi su Priorità di Apertura, impostare fuoco infinito, e scattare. Il risultato vi dovrebbe stupire, anche perché senza cambiare nulla, a ogni scatto potrebbe accadere di avere risultati differenti.
Provate, inoltre, a scattare qualche foto in manuale, calando il tempo, e aumentando gli ISO. Vi assicuro che vi divertirete, anche se probabilmente otterrete una foto bella ogni... diciamo dieci/quindici scatti.

Note a margine: Avete problemi a leggere scritte piccoline? Provate gli occhiali stenopeici. Io li ho, e fanno davvero miracoli, per quanto sia strano guardare il mondo da quelle lenti.


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mercoledì 16 dicembre 2015

La velocità è tutto - #Corso #Fotografia

Glauco Silvestri
La maggior parte delle macchine fotografiche, oggi, utilizza schede di memoria di tipo SD.
Se in passato esistevano altre tipologie di schede di memoria (n.d.r. Compact Flash, Memory Stick, eccetera eccetera), tutte molto diffuse e in piena competizione per la conquista del mercato, ora il formato SD è ormai divenuto un vero e proprio standard. Ciò è sicuramente un vantaggio per il fotografo, visto che non ha più necessità di valutare anche il tipo di supporto di memoria al momento dell'acquisto della sua fotocamera; allo stesso tempo, però, non bisogna allentare la guardia quando si decide di acquistare una scheda SD, perché queste non sono tutte uguali tra loro.

Le schede SD, non tenendo conto dei formati miniaturizzati (n.d.r. Di solito utilizzati per tablet e cellulari), si distinguono a seconda di alcune caratteristiche molto importanti. Tutte le caratteristiche sono scritte in chiaro sulla piccola etichetta della schedina stessa, ma è possibile che esse non siano di facile comprensione per i non addetti ai lavori. 

Qui a fianco è raffigurata una scheda SD nel dettaglio, è la più recente che ho acquistato, e ha i medesimi parametri delle altre due in mio possesso, che però hanno meno capienza di memoria. 
Vediamo, una per una, tutte le indicazioni presenti sull'etichetta, per poi concentrarci su quella - a mio parere - più importante.

Il primo parametro è la capienza. 
Tale valore è indicato in Giga Byte (n.d.r. GB). Le schede SD possono arrivare fino a 512 GB. I tagli vanno al raddoppio: partendo da 128MB, 256MB, 512MB, per poi andare a 1GB, si passa a 2GB, poi 4GB, 8GB, 16GB (n.d.r. Ovvero quella che ho acquistato), 32GB e così via.
Maggiore è la capienza, maggiore è il numero di foto che potrete scattare. Maggiore è il prezzo della scheda di memoria.
A seconda della capacità di memoria, le schede SD si distinguono con una sigla. Se la memoria è inferiore ai 2GB le schede sono nominate semplicemente SD. Dai 2GB ai 32GB sono identificate con SDHC (SD High Capacity), oltre i 32GB diventano SDXC (SD eXtended Capacity).

Il secondo parametro è la classe di appartenenza.
La classe  indica la velocità minima di scrittura continua su una scheda SD vuota espressa in MB/s. La tabella qui sotto (n.d.r. presa da Wikipedia) riporta, a seconda della classe, la corrispondente velocità di scrittura.
Maggiore è la velocità di scrittura della scheda, più veloce sarà lo scatto a raffica della fotocamera.
Come potete osservare la scheda da me scelta è una Classe 10. Il suo comportamento cambia a seconda della modalità di salvataggio delle fotografie.
Nel caso si decida di salvare in formato JPG alla massima risoluzione, la scheda sarebbe in grado di salvare una foto al secondo. La Canon EOS 700D ha uno scatto a raffica che tocca i 5 fotogrammi al secondo, per cui - grazie alla sua memoria interna - con questa schedina, è in grado di sfruttare la sua massima velocità di scatto rapido.
Nel caso si decida di salvare in formato RAW, la scheda impiegherebbe circa 2 secondi per salvare un solo fotogramma. Ciò metterebbe in difficoltà il sistema di scatto a raffica della Canon, che si troverebbe costretto a rallentare per attendere che le foto vengano salvate sulla memoria SD.

Risulta evidente che, maggiore è la velocità in scrittura della scheda, e maggiore sarà la raffica di scatti della fotocamera reflex.
Anche in questo caso, le SD con caratteristiche migliori in velocità di scrittura hanno un prezzo più alto.
Il terzo parametro è la velocità di lettura della scheda. In questo caso il parametro è riferito alla velocità di una SD standard. Questo parametro potrebbe risultare trascurabile rispetto ai due precedenti, ma va a influire sia nella consultazione delle immagini in live view, sia nello scaricamento delle stesse sul vostro computer a sessione fotografica conclusa. 
Più sono veloci le SD in lettura, più rapidamente si potranno vedere le immagini in live view, e più rapidamente le si potranno salvare sul computer.
La scheda sopra raffigurata è una 200x, ovvero è 200 volte più veloce di una SD standard, per cui è in grado di toccare i 30MB al secondo. La tabella che segue (n.d.r. presa da Wikipedia) riporta la velocità in lettura per i vari formati. In questo caso sono valori indicativi, visto che per le Classe 10 esistono schedine capaci di raggiungere persino i 300x (n.d.r. Per esempio questa, che è la nuova versione della scheda sopra indicata), e forse oltre. Tale parametro è in continua evoluzione, per quanto comunque sia legato imprescindibilmente con la velocità di scrittura.

In questo caso, la velocità di lettura non va a influire sensibilmente sul prezzo della scheda SD.
A questo punto, visto che dobbiamo scegliere una schedina SD per la fotocamera, quale parametro dobbiamo considerare principalmente?
  • Capienza
  • Velocità in scrittura
  • Velocità in lettura
Le schede SD costano da pochi euro, per raggiungere anche i 140 euro. Bisogna valutare il nostro utilizzo della fotocamera. Se usiamo il formato RAW, lo usiamo sempre, allora conviene investire denaro in velocità di scrittura così che la scheda non diventi il collo di bottiglia del sistema fotografico. Se si usa il RAW solo saltuariamente, e non in velocità, allora si può scendere a un compromesso e optare per schede in Classe 8, 9, 10.  Se lo scatto a raffica non vi interessa, potete optare anche per le più economiche.

Però...

Bisogna considerare che potreste usare la fotocamera anche per girare dei video. Consultate il manuale della vostra fotocamera. Sulla Canon EOS 700D, capace di girare filmati in full HD, viene consigliato l'utilizzo di schede veloci, almeno in Classe 8. 
Maggiore è la qualità del filmato, maggiore è il numero di informazioni che deve essere salvato, maggiore deve essere la velocità della scheda SD.
Alla fine dei conti è un discorso di disponibilità economica. Se non si hanno problemi, o non si danno limiti di budget alla passione fotografica, allora non esitate e prendete le schede più veloci. Altrimenti, mettete sulla bilancia ogni parametro, e cercate il compromesso migliore tra prestazioni e costi.




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mercoledì 9 dicembre 2015

L'istogramma (luminosità ed esposizione) - #Corso #Fotografia

Glauco Silvestri
Vi siete mai chiesti a cosa serve l'istogramma?

Quando state visualizzando uno scatto attraverso la fotocamera, premendo il tasto INFO si ha la possibilità di vedere riassunte sullo schermo tutte le informazioni disponibili relative alla foto in questione. 
Molte di queste informazioni sono riferite alle impostazioni della fotocamera al momento dello scatto, come sensibilità, tempo di esposizione, apertura del diaframma; poi c'è l'istogramma.
Questo diagramma può mettere in soggezione se non se ne conosce la funzionalità. 
Molti lo ignorano volontariamente, ma i professionisti lo consultano ogni volta che hanno dubbi sulla qualità della fotografia, in quanto sono ben consapevoli che certi dettagli, se ignorati, poi possono ricadere sulla qualità del risultato, e soprattutto, sulla riuscita del lavoro commissionato.

Esistono due tipologie di istogramma. Quello della luminosità e quello RGB. Solitamente la macchina fotografica mostra l'istogramma della luminosità. E' però sufficiente cliccare sui tasti cursore per poter passare all'istogramma RGB, e viceversa.
L'istogramma della luminosità mostra la distribuzione del livello di esposizione, e la luminosità complessiva. 
Il grafico mostra la distribuzione del livello di luminosità dell'immagine. L'asse orizzontale indica il livello di luminosità (n.d.r. Minore a sinistra, maggiore a destra). L'asse verticale indica il numero di pixel per ciascun livello di luminosità. Più alto è il numero di pixel sulla sinistra, tanto più scura è l'immagine. Più alto è il numero di pixel sulla destra, tanto più chiara è l'immagine.
Questo fa sì che osservando l'istogramma della luminosità si possano notare le eventuali imperfezioni di esposizione, e la tonalità complessiva dell'immagine.
Se il numero di pixel sulla sinistra è eccessivo, allora le parti in ombra della foto mancheranno di dettaglio, e ovviamente il caso opposto indica una mancanza di dettaglio nelle parti in luce.

L'istogramma RGB consente di verificare la gradazione, e la saturazione, del colore.

Questo grafico mostra la distribuzione del livello di luminosità per ognuno dei colori primari (n.d.r. Rosso, Verde e Blu). Analogamente a ciò che avviene con l'istogramma della luminosità, l'asse orizzontale indica il livello di luminosità del colore, mentre quello verticale indica il numero di pixel per ciascun livello di luminosità. Come in precedenza, più è alto il numero di pixel sulla sinistra e meno dominante, e più sarà scuro, il colore in esame. Al contrario, l'eccesso di pixel a destra indicherà una maggiore luminosità, e densità, del colore.
Verificando l'istogramma RGB dell'immagine è possibile notare la gradazione, e la saturazione, del colore, nonché le imperfezioni del bilanciamento del bianco.
Note Pratiche: Se l'immagine mostra delle aree lampeggianti mentre consultiamo le informazioni di scatto, in quelle zone l'immagine è sovraesposta. Ciò permette di poter ripetere lo scatto immediatamente, compensando l'esposizione di uno o due stop in negativo.


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mercoledì 2 dicembre 2015

Tranquilli! Non tutte le foto vengono belle - #Corso #Fotografia

Glauco Silvestri
Qual è il segreto dei grandi fotografi? Come fanno a scattare sempre foto bellissime? Perché io non ci riesco? Tutti i fotografi che ambiscono a diventare professionisti, prima o poi, si pongono queste tre domande. Quando si sfogliano libri di fotografia, o si frequentano le pagine Flickr di grandi professionisti, ci si trova di fronte a ottimi scatti, inquadrature perfette, colori mozzafiato... Mentre quando si sfoglia la nostra collezione di foto ecco che le cose non appaiono più così perfette. Perché accade tutto ciò? Come fanno, loro, a ottenere foto così belle?

Un esempio di foto ritoccata.

La foto era leggermente mossa. Non volevo buttarla via,
l'inquadratura mi piaceva troppo. Così l'ho trasformata 
in bianco e nero, ho aumentato contrasto e nitidezza,
ed eccola qui.
Il segreto è che non c'è nessun segreto.
Amore, dedizione, studio, attenzione ai dettagli, esperienza, questi sono alcuni degli ingredienti che trasformano un fotografo amatoriale in un fotografo di professione. Ogni scatto è pensato? Sì, è indispensabile che lo sia.
Il professionista lavora con la fotografia.
Quando impugna la macchina fotografica ha uno scopo, ha una scadenza, ha un progetto. Il professionista non può permettersi di scattare fotografie a caso, lui ha un compito da svolgere... Proprio come voi quando vi trovate nel vostro ufficio, o nell'ambiente di lavoro, qualunque esso sia. Lui deve fare quelle foto, è pagato per questo, e soprattutto... Viene pagato solo se le foto raggiungono lo scopo che gli è stato chiesto dal cliente.
Conta la qualità della macchina fotografica? Certo, ma non è un elemento così indispensabile. 
La miglior macchina fotografica di cui un fotografo ha bisogno è quella che ha con sé.
L'importante è che il fotografo sia pronto a scattare quando serve, non è un caso che più o meno tutti i siti che parlano di fotografia consiglino di portare sempre con sé la macchina fotografica, e nei casi in cui la vostra attrezzatura sia troppo ingombrante, di possedere una compatta che possa fungere da alternativa.

Il miglior strumento a disposizione del fotografo è il fotografo.

I fotografi professionisti sanno cogliere l'attimo, o meglio, non si fanno cogliere impreparati dall'attimo.
Poi... E' anche vero che anche i professionisti fanno foto che non sono all'altezza della situazione. Capita anche a loro di fare foto 'normali'. Il discorso è che poi... Quando sono in redazione, guardano il loro lavoro e scelgono gli scatti migliori, quelli che centrano il bersaglio, quelli che trasmettono il messaggio che cercava, il resto viene scartato. Per cui, quando si torna a casa dopo una bella giornata dedicata alla fotografia, il lavoro non è ancora finito. Bisogna mettersi al computer e guardare ciò che si è prodotto, perché non tutto ciò che si è prodotto può essere all'altezza delle nostre aspettative.

Prima fase: La scrematura in sito. 
Quando scattiamo, la macchina fotografica ci permette di vedere il nostro scatto, per qualche secondo, prima di tornare in modalità di scatto. Bisogna approfittare di quel momento per capire se la foto è buona. E' la nostra occasione per ripetere lo scatto prima di spostarci e cambiare soggetto. Bisogna controllare che non sia mossa, che sia a fuoco, che abbia una buona esposizione, e che l'inquadratura sia ben fatta. Son tutti argomenti che abbiamo già affrontato (n.d.r. In realtà parleremo dell'esposizione dopo agosto, al rientro delle ferie). Nel caso si abbiano dubbi, si può rivedere con calma la foto scattata anche sfruttando la modalità riproduzione della macchina, e poi decidere se tenerla o meno.

Seconda fase: La prima scrematura al computer.
Dopo aver scaricato le foto sul disco rigido del vostro computer è il momento di valutare con attenzione ciò che si è ottenuto dalla sessione fotografica appena terminata. Io, di solito divido le foto scattate in tre categorie:
  • Foto Brutte: Sono quelle che cancello senza ripensamenti. I motivi per cadere in questa categoria possono essere tanti, ma quello che principalmente mi dà noia è il fatto che la foto non trasmetta nulla, che sia anonima, statica.Di solito sono un 10% del totale, a volte anche un po' di più.
  • Foto Ricordo: Sono quelle foto che tengo per ricordare la giornata, il viaggio, l'occasione. Non le butto, ma neppure le mostro in giro. Sono scatti personali, servono per motivi di cronaca, le tengo perché riescono a raccontare ciò che è successo, ciò che ho fatto, ciò che ho vissuto. Questa categoria raccoglie la maggior parte degli scatti, circa il 60%, a volte il 70%.
  • Foto Belle: Sono quelle che pubblico, quelle che mi piacciono davvero, che hanno tutti gli elementi al loro posto, che mi dànno soddisfazione.
Terza fase: Il ritocco.
Un esempio di foto 'croppata'

Al momento dello scatto l'obiettivo non mi permetteva
di avvicinarmi quanto desideravo senza andare a
disturbare l'ape, per cui ho scattato da un paio di metri
di distanza. A casa, al computer, ho ritagliato l'immagine
in modo tale da mostrare ciò che era nelle mie intenzioni
al momento dello scatto.
Io non amo il foto-ritocco. Provenendo dalla pellicola, programmi come Photoshop e affini mi appaiono come banali scorciatoie per fotografi pigri. E' evidente che questi strumenti sono potentissimi, e con qualche click è possibile trasformare uno scatto mediocre in uno davvero bello (n.d.r. Una volta ho letto un articolo di un professionista che consigliava l'uso del ritocco fotografico negli scatti contro-sole. Nell'articolo veniva fatto un ragionamento che non poteva essere contestato: In un ritratto l'80% dell'area è composto dallo sfondo, e solo il 20% dal soggetto. Se si scatta contro-sole conviene - affermava - trovare la giusta esposizione per lo sfondo. Il soggetto verrà buio, ma al computer sarà più facile, e veloce, correggere l'esposizione di quest'ultimo, visto che l'area da correggere è minore), ma ha senso?
Io voglio fare belle foto a prescindere dalla possibilità di poterle modificare in un secondo momento. 
La sola idea che si possa migliorare uno scatto in post produzione, a mio parere, fa sì che il fotografo si impegni meno sulla riuscita della foto che ha intenzione di scattare.
E' per questo motivo che mi concedo solo lievi modifiche alle foto, e solo quelle che mi sarebbero state possibili se, invece che essere davanti a un computer, fossi stato in una camera oscura.

Cosa correggo? Il contrasto, l'esposizione, la luminosità, e magari correggo l'inquadratura ritagliando l'immagine ottenuta dalla fotocamera. Un'altra modifica che faccio in post-produzione è scegliere se mantenere l'immagine a colori, o se trasformarla in un bianco e nero.

Alla fine, su 300 foto scattate, in genere pubblico su Flickr una ventina abbondante di scatti. E' necessario essere molto severi con sé stessi, per crescere e migliorare la propria tecnica. Allo stesso tempo bisogna ricordare che abbiamo bisogno anche di autocompiacimento, per cui, da ogni sessione, credo sia giusto trovare qualcosa di 'buono' per cui stimarsi. In fondo il concetto di bello è molto soggettivo, una foto che a noi piace potrebbe non catturare il benestare di tutti gli altri, l'importante - però - è che sia fatta bene e che abbia qualcosa da dire.


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mercoledì 25 novembre 2015

Scatto in Live View - #Corso #Fotografia

Glauco Silvestri
Oggigiorno tutte le reflex hanno acquisito dalle Mirrorless, e anche dalle compattine, la possibilità di eseguire scatti in live view, ovvero mirando direttamente dal display, piuttosto che dal tradizionale mirino.

Si tratta di una funzionalità molto discussa che ha generato un interessante dibattito tra i fotografi di vecchia scuola, e quelli di ultima generazione. Dibattito acceso e, a mio parere, un pochino sterile, visto che la funzione è implementata. A ogni modo vediamo di affrontare la questione dal punto di vista tecnico, lasciando alle tifoserie il loro mestiere.
Il live view ha pregi e difetti.
Partiamo dai difetti:
  • L'ergonomia della macchina è pensata per lo scatto attraverso il mirino. Fare una foto in live view, tenendo le braccia distese e osservando il display, è più scomodo e può causare tremori involontari (n.d.r. Visto che le fotocamere reflex hanno un peso non indifferente), e di conseguenza rischiare l'ottenimento foto mosse.
  • L'autofocus è più lento, e un po' meno preciso. Il motivo è semplice. Si tratta di due tecnologie differenti. La messa a fuoco da mirino è basata su una tecnologia chiamata rilevamento di fase. La messa a fuoco da display è basata su una tecnologia chiamata rilevamento di contrasto. Quest'ultima - oggi - è meno precisa, per cui è più lenta nel fornire un settaggio corretto della macchina. Ciò non significa che in un futuro la tecnologia non vada a migliorare.
  • La visione dell'immagine a display può essere disturbata dalla luce ambientale, e soprattutto dal sole. Sappiamo tutti che i display delle fotocamere, anche al massimo contrasto, spesso e volentieri non sono per nulla visionabili.
  • Il consumo di batteria. Ovviamente il display acceso riduce di molto l'autonomia della fotocamera. In fondo a questo articolo troverete due tabelle, relative alla EOS700D, in cui si evince la notevole differenza tra le due modalità di scatto.
I pregi:
  • La possibilità di eseguire scatti in modo più comodo, specie se la fotocamera è dotata di un display orientabile. L'immagine qui di seguito, presa dal manuale della EOS, mostra alcune situazioni tipiche dove l'uso del live view è conveniente rispetto allo scatto attraverso il mirino tradizionale.

  • Lo scatto in live view permette di vedere tutti i parametri di scatto in tempo reale. Alcune fotocamere sono persino in grado di dare un preview della foto risultante in base alle impostazioni selezionate. Soprattutto, c'è la possibilità di vedere in tempo reale l'istogramma dei livelli, tramite il quale è possibile valutare con maggiore precisione l'esposizione dell'immagine, e di conseguenza correggere il tiro prima di eseguire lo scatto.
  •  E' possibile ingrandire l'area di messa a fuoco, così da valutare meglio la misurazione dell'esposimetro, ed eseguire regolazioni più precise.
Anche in modalità live view è possibile sfruttare i sistemi di scatto in automatismo, semi-automatismo (priorità di tempi, priorità di diaframma), e manuale. 
Il sistema Autofocus della macchina lavora in modalità differenti a seconda delle preferenze dell'utente.
  • Inseguimento. Questo metodo è comodo per i soggetti in movimento. Va messo a fuoco il viso del soggetto. Se questo si muove, il sistema AF lo segue automaticamente.
  • Flexizone - Multi. Il sistema prende in considerazione fino a 31 punti differenti per la messa a fuoco (dati relativi alla mia EOS700D). Questi punti servono a coprire un'area estesa dell'immagine, così da effettuare una misurazione migliore della luce.
  • Flexizone - Single. In questo caso si una un solo punto di misura per la messa a fuoco. E' utile quando si vuole che solo il soggetto sia a fuoco.
  • Modalità Veloce. La parola dice tutto. E' una messa a fuoco veloce, e va ad ovviare al problema citato in precedenza tra i difetti del live view. In pratica si inquadra l'immagine, si mette a fuoco, e per un istante la macchina congela la visione da display, per usare il metodo di Autofocus attraverso il mirino (n.d.r. non dovrete guardare attraverso il mirino, vi basta attendere tenendo ferma la fotocamera)
    Se si pensa di voler sfruttare lo scatto in live-view, è preferibile scegliere una reflex con display orientabile.
La messa a fuoco viene realizzata alla solita maniera, premendo a metà corsa il pulsante di scatto. Le fotocamere con display touchscreen sono in grado di mettere a fuoco, e scattare l'immagine, anche col 'tocco' del display. In quest'ultimo caso la funzione è molto utile perché si può indicare alla macchina quale zona dell'immagine usare per mettere a fuoco semplicemente toccando l'area desiderata.
La messa a fuoco attraverso il touchscreen avviene in modalità automatica. Quando si tocca una parte del display, la macchina mette a fuoco quel punto ed esegue lo scatto senza bisogno di un ulteriore tocco.
Rimane solo da prendere in considerazione il problema batteria. Terrò come riferimento la mia EOS, che con un pieno di batteria è in grado di scattare circa 550 foto.


Utilizzare il display in live view comporta un drastico calo di prestazioni. Il display, e il sistema AF ad esso annesso, consumano molta più energia di quanto accade quando si utilizza il mirino tradizionale. Il risultato è evidente, con un pieno di batteria si ottengono solamente 200 foto.


Una Canon EOS700D con Battery Grip
Si tratta di un parametro molto importante da tenere in considerazione perché l'autonomia della fotocamera è forse uno dei principali limiti del fotografo. Nel caso non si potesse ovviare in altro modo, si può pensare a un Battery Grip
Questo accessorio (che nelle reflex professionali è inglobato nel corpo macchina) viene applicato sul fondo della reflex ed è in grado di alloggiare due batterie standard della fotocamera, nonché - eventualmente, e in casi di emergenza - persino 4 batterie stilo AA.
Questo dispositivo possiede i comandi di scatto duplicati, e funge persino da impugnatura, nel caso si voglia fare fotografie tenendo la macchina in verticale. Ha quindi molte frecce al suo arco. L'unica pecca è che questo dispositivo rende la fotocamera più ingombrante, e soprattutto più pesante.



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mercoledì 18 novembre 2015

Il Corredo Fotografico (parte 2) - #Corso #Fotografia

Glauco Silvestri
Questo argomento è già stato affrontato in passato. In quella occasione descrissi ciò che utilizzo nella mia attività di fotografo amatoriale. Ho parlato di obiettivi, e in quali ambiti li utilizzo, cosa porto sempre con me, cosa uso saltuariamente. E' probabile che, estrapolando quanto detto in quella prima occasione, la cosa più importante data è che bisogna trattenersi da una dispendiosa corsa all'acquisto.
E' preferibile valutare esattamente ciò di cui si ha veramente bisogno, piuttosto che spendere denaro acquistando attrezzatura che magari non si riuscirà mai a sfruttare.
L'intera gamma di prodotti Canon
Prendendo quando detto sopra come postulato imprescindibile, proviamo a concentrarci su cosa serve realmente in base al tipo di fotografie che si vuole fare, e cosa no. L'esperienza acquisita con le tecniche di fotografia affrontate fino a questo momento ci verrà sicuramente d'aiuto.

Foto Paesaggistiche.
Un grand'angolo è d'obbligo. 
Se possedete una APS-C ricordatevi del fattore di crop, perché potreste pensare di acquistare un grand'angolo e finireste per avere tra le mani un'ottica media. Faccio un esempio? Un 22mm con il fattore di crop delle Canon (n.d.r. 1,6) diventa 35mm.
Un tele di media lunghezza è consigliabile.
A volte, per fotografare un paesaggio è utile guardare lontano, piuttosto che avere una visione ampia. Diciamo che un 200mm è più che sufficiente.
Un filtro polarizzatore potrebbe essere utile, così come anche un filtro ND. Il primo è perfetto per ridurre gli effetti dovuti all'umidità nell'aria, così da rendere le immagini più nitide. Il secondo potrebbe diventare interessante per scattare foto alle sorgenti d'acqua, magari con tempi lunghi, senza rischiare fotografie sovraesposte.
Treppiede e comando remoto sono un must-have imprescindibile. Utilissimi in condizione di scarsa luminosità, e nell'eventualità che si voglia utilizzare la posa B.

Foto Ritratto.
Un 50mm bello luminoso. Se avete una APS-C vi tocca scegliere un 35mm, sempre a causa del fattore di crop. 
Può essere interessante uno zoom 35-80mm in modo da avere un po' di lunghezza focale da sfruttare per avvicinarsi, o avvicinarsi al soggetto.
Serve un flash, e no... Non basta quello incorporato nella macchina. Le luci devono essere perfette. Varrebbe la pena pensare anche a dei pannelli riflettenti.
Treppiede e comando remoto, anche in questo caso, vengono molto utili.

Macro Fotografia.
Un obiettivo Macro. Pare evidente, no? Però sono obiettivi che costano davvero molto. Se non ci si può permettere uno di questi gioielli, è necessario scendere dall'Olimpo e pensare all'acquisto di accessori che possono simularne l'effetto.
Le Lenti Close Up possono essere una discreta alternativa, così come anche i tubi di prolunga
Un flash può fare la differenza, così come un kit per comandarlo da remoto, senza montarlo sulla slitta della fotocamera, per poter scegliere la posizione migliore per la sorgente luminosa.
Treppiede e comando remoto, anche in questo caso, possono risultare utili.

Foto Naturalistiche, e Animali.
Ci vuole un bel teleobiettivo. Più lontano va, meglio è. Gli animali non amano essere disturbati, e soprattutto, chi ama questo tipo di fotografia vuole immortalare i propri soggetti nel loro ambiente naturale, e non disturbati dalla propria presenza. Il tele dovrebbe essere molto luminoso, oppure ci vuole una reflex che tenga bene gli ISO alti. La reflex deve avere anche una raffica veloce, in modo da dedicare tanti scatti a un singolo attimo, e di conseguenza trovare poi la foto perfetta.
Ci vuole un treppiede, il comando remoto, e tanta tanta pazienza.

Fotografia Urbana.
Le foto migliori sono quelle che si catturano quando il soggetto non si accorge del fotografo. Per questo motivo l'attrezzatura non deve essere troppo appariscente. Ci vuole una reflex piccola, una APS-C o una mirror-less, e un obiettivo pancake, a focale fissa, sottili sottili, magari anche luminosi.
Un 22mm, un 35mm, un 50mm... Sarebbero tutti perfetti. Ricordatevi del fattore di crop.
Niente treppiede, niente telecomando. Al massimo un cavalletto di quelli piccoli, tascabili, da sfruttare senza gridare al mondo 'ehi, vi sto fotografando, mettetevi in posa!'
Nell'eventualità, può diventare interessante un teleobiettivo con una estensione ampia, di quelli 'tutto fare', che non sono molto ingombranti, e allo stesso tempo offrono l'occasione di 'entrare nella scena' rimanendo in una posizione defilata.
Un filtro Polarizzatore potrebbe avere la sua utilità, magari per eliminare riflessi indesiderati, o la perdita di nitidezza a causa dello smog, o dell'umidità nell'aria.
Viaggiate leggeri, siate discreti.

Fotografia di Viaggio.
Qui diventa complicato. L'ottimale è un teleobiettivo ad ampia estensione, che possa comprendere sia un grand'angolo, sia uno zoom abbastanza profondo. Sono obiettivi pratici, con qualche limite nella qualità delle immagini, ma davvero comodi da portare in giro. Ammetto che io preferisco tre zoom con estensioni brevi, si ottengono foto migliori, però si passa parecchio tempo a cambiare ottica, e se bisogna cogliere l'attimo... E' un bel problema.
Treppiede? Meglio un GorillaPod per reflex, che si adatta a ogni situazione.
Il filtro Polarizzatore potrebbe venire utile. E forse anche il filtro ND.

Fotografia Architettonica.
Aprite il portafogli, perché serve un obiettivo tilt-shift. Sono obiettivi che permettono di decentrare il punto di fuoco, e di basculare sul proprio asse. Questo tipo di obiettivo permette di annullare il tipico effetto convergente dovuto alla prospettiva quando si fotografano palazzi o costruzioni molto alte.
Non pensate neppure un momento che sia sufficiente un buon grand'angolo.  Questo tipo di obiettivi distorce troppo le immagini. Al massimo potete divertirvi con un Fish-eye, sono divertenti da usare, ma di sicuro ciò che otterrete non sono immagini adatte alla fotografia architettonica.
Se non potete permettervi questo tipo di ottiche, allora conviene concentrarsi sui dettagli architettonici. In questo caso potreste ottenere buoni risultati con un teleobiettivo di media estensione. In questo caso, poi, anche un Filtro Polarizzatore potrebbe diventare utile.

Fotografia Astronomica.
Ci vuole un obiettivo davvero luminoso.
Ci vuole un teleobiettivo con estensione lunga.
Treppiede e comando remoto sono un must-have imprescindibile. Utilissimi in condizione di scarsa luminosità, e nell'eventualità che si voglia utilizzare la posa B. Meglio ancora se dotato di inseguitore astronomico. La Vixen produce un kit davvero interessante. Se poi il budget è illimitato, la Canon produce una fotocamera studiata appositamente per questo tipo di fotografia, la EOS 60DA.

E con questo si è detto più o meno tutto. 
Quanto scritto sopra non va inteso come un testo sacro da seguire senza porsi dei dubbi. L'idea principale è quella di ridurre al minimo la propria attrezzatura, imparare a sfruttarla al meglio, e focalizzarsi sul percorso fotografico che si vuole seguire. E' ovvio che è meglio partire col profilo basso, fare esperienza, e costruire il proprio corredo un passo alla volta, senza fretta, facendo esperienza e cercando di capire esattamente cosa è necessario, e cosa è superfluo. L'importante, poi, è divertirsi.


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mercoledì 11 novembre 2015

Concetto di EV e STOP - #Corso #Fotografia

Glauco Silvestri
C'è una cosa che ammetto di aver dato per scontato fino a questo momento. Durante le lezioni passate avrete letto espressioni in cui si citano termini come STOP ed EV. Questi due termini sono di uso comune nel mondo della fotografia, e in un certo qual modo hanno il medesimo significato, per quanto si distinguano per una sottile differenza.
Vediamo di fare chiarezza, e di capire quando va usato il primo, e quando invece deve essere usato il secondo.
Sia STOP, sia EV, sono indicatori di luminosità. Entrambi indicano una variazione di un fattore due, sia in positivo, sia in negativo.
Cosa significa STOP?
Il termine STOP indica un aumento, o una diminuzione, della luce che raggiunge il sensore in funzione delle regolazioni impostate sulla macchina.

Tutte le impostazioni visionabili da display
sulla EOS700D
Sappiamo che per aumentare, o ridurre, la luce sul sensore della fotocamera dobbiamo agire su uno, o su più di uno, dei tre parametri che regolano l'esposizione di una fotografia (n.d.r. Apertura, Tempo, Sensibilità).
Se decidessimo di aumentare la luce agendo sull'apertura del diaframma, e fossimo a F/5,6, l'aumento di uno stop ci porterebbe all'apertura F/4 (n.d.r. Raddoppiando la luminosità rispetto all'apertura precedente), mentre la riduzione di uno stop ci condurrebbe a F/8 (n.d.r. Riducendo della metà la luminosità rispetto all'apertura precedente).
Analogamente, se volessimo invece agire sulla scala dei tempi e ci trovassimo con un tempo di scatto pari a 1/125", lo aumenteremmo di uno stop portando il tempo a 1/60" (n.d.r. Un tempo lungo il doppio porta il doppio della luce sul sensore), e lo ridurremmo di uno stop settando il tempo a 1/250".
Stesso discorso nel caso si agisse sulla sensibilità. Raddoppiare l'apporto di luce al sensore significa aumentare di uno stop la sensibilità, dimezzarla significa ridurre di uno stop il valore ISO.

E il concetto di EV? 
In ambito fotografico si usa l’acronimo EV per indicare il valore di esposizione (n.d.r. Exposition Value).
In pratica, il valore EV rappresenta l’effettiva luminosità presente nella scena.
Andando sul pratico, il valore EV=0 corrisponde a 2,5 Lux (n.d.r. unità di misura del flusso luminoso che incide sull’unità di area). Questo significa che una scena che ha flusso luminoso per unità di area di 2,5 Lux (ovvero 0 EV) potrà essere correttamente esposta utilizzando un obiettivo con diaframma aperto a F/1 e tempo di esposizione di 1 secondo utilizzando una sensibilità di 100 ISO.

Detto ciò, possiamo dedurre che ogni aumento o diminuzione di 1 EV significa che la scena, o il soggetto inquadrato, riceve rispettivamente il doppio o la metà della luce rispetto al valore di 0 EV.
I valori in EV, riferiti a un ipotetico EV=0, ci vengono indicati dall'esposimetro della macchina, o dall'esposimetro esterno, se lo stiamo utilizzando.
In conclusione, va utilizzato il concetto di STOP quando si parla di regolazioni della macchina fotografica, mentre va utilizzato il concetto di EV quando si descrive l'esposizione della scena che si vuole fotografare.

Nella pratica quotidiana si noterà che i due concetti verranno usati entrambi indistintamente. Da un punto puramente pratico converrebbe utilizzare il solo termine STOP, visto che comunque - parlando di fotografia - si cadrà comunque sempre sulle regolazioni della reflex, piuttosto che sulla luminosità reale di una scena.
Tipica scala di un esposimetro delle fotocamere reflex

Note Pratiche: Le moderne reflex permettono di muoversi anche su frazioni di STOP, e/o di EV. Osservando la scala dell'esposimetro della macchina si nota immediatamente che lo strumento è in grado di ottenere letture, ed indicare correzioni, pari a mezzo EV, o STOP se si parla di correzioni, così come di un terzo di EV, o STOP se si parla di correzioni.


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mercoledì 4 novembre 2015

La Messa a Fuoco (parte 3) - #Corso #Fotografia

Glauco Silvestri
Fare fotografie in modalità Manuale implica un approccio alla fotografia un po' diverso dal canonico punta e scatta. Sono molti i parametri da impostare correttamente, e tra questi c'è pure la messa a fuoco del soggetto.

La prima cosa da fare, come sempre, è impostare la macchina in manuale. Il selettore della modalità di scatto va messo su M, e l'obiettivo va impostato su MF.

Inquadrate il soggetto. 
In testa all'obiettivo c'è una ghiera di piccole dimensioni, è l'anello di messa a fuoco.
Ruotando questo anello, e inquadrando il soggetto, potrete notare che l'immagine tende a sfuocare, o a diventare più nitida, a seconda di come lo muovete. 

Puntate al soggetto con il punto di autofocus centrale. 
Il punto centrale è l'unico punto attivo in modalità manuale. Esso vi suggerirà quando la messa a fuoco è avvenuta con successo. Potete anche ignorarlo e fidarvi solo dei vostri occhi, ma è comunque d'aiuto nelle situazioni in cui è difficile mettere a fuoco un soggetto. Quando, secondo la macchina, il soggetto sarà a fuoco, il punto centrale lampeggerà di rosso per qualche istante, la macchina emetterà un sono, e vi darà il solito segnale di messa a fuoco corretta (n.d.r. nella EOS700D si accende il pallino verde a lato del mirino).

A quel punto, sempre tenendo inquadrata l'immagine, potrete impostare i parametri relativi all'esposizione (n.d.r. Sensibilità, Apertura, Tempo), quindi scattare la foto.

Note Pratiche: Dovendo portare gli occhiali, in alcune situazioni mi capita di avere difficoltà nella visione dell'inquadratura attraverso il mirino. Non volendo passare alla modalità live view (n.d.r. Argomento che affronteremo in futuro), per diversi motivi, mi trovo costretto a togliermi gli occhiali. Ciò comporta però un problema ancora più profondo se lo scatto deve essere effettuato in manuale, ovvero il difetto ottico congenito che disturba la mia vista. Per ovviare a questo problema, senza utilizzare gli occhiali, e riuscire a mettere comunque a fuoco il mio soggetto, molti modelli di fotocamere reflex offrono la possibilità di eseguire una regolazione diottrica del mirino.
Agendo sulla rotellina è possibile ottenere immagini nitide pur non indossando gli occhiali. Il punto di riferimento da osservare per verificare che la correzione sia avvenuta con successo è la griglia di messa a fuoco del sistema autofocus. Tutti e nove i punti di messa a fuoco devono essere nitidi.
Se ciò non è possibile, allora anche il sistema diottrico non riesce a correggere il problema visivo dei nostri occhi. In quel caso sono disponibili delle lenti da applicare al mirino, vendute separatamente, in grado di offrire un spettro di correzione più ampio rispetto a quello offerto dalla regolazione integrata nella reflex.




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lunedì 2 novembre 2015

Giocare con la Fotocamera: Falling Drops Photography - #Corso #Fotografia

Glauco Silvestri
Il mini studio fotografico
E' parecchio tempo che volevo cimentarmi nella fotografia delle gocce d'acqua in caduta libera. Ho sempre ammirato quel tipo di fotografia, che appare così semplice, e allo stesso tempo tanto originale. Si tratta di un genere fotografico molto distante dalla Street Photography, o dalle fotografie delle vacanze, o di un viaggio, o anche degli scatti naturalistici (n.d.r. per quanto, fotografando l'acqua, a volte capita di immortalare le gocce).

Per cimentarmi con la Falling Drops Photography avevo bisogno di una certa pianificazione dei tempi, del materiale che mi era necessario, e di un set fotografico costruito ad hoc.
Come in ogni genere fotografico, è necessario fare un po' di esperienza per ottenere risultati migliori.
Per cui questo mio primo tentativo è di sicuro perfettibile, e già ho in mente delle migliorie al riguardo, ma magari ne parleremo in fondo a questo post. Nel frattempo vi illustro cosa ho preparato, e come l'ho fatto.

Per prima cosa avevo bisogno di un mini studio fotografico, visto che non potevo sfruttare grandi spazi. Ho costruito una sorta di Box di cartone dalle pareti bianche (n.d.r. Vedi foto a fianco). Il bicchiere ricolmo d'acqua è stato posto proprio al centro di questa 'scenografia'.

L'attrezzatura che ho utilizzato è la seguente:
  • L'immancabile Canon EOS700D;
  • Come obiettivi ho usato un 22-55mm per i primi scatti, per poi passare al 35-80mm;
  • Mirino a 90° della Polaroid;
  • GorillaPod SLR, che poi ho sostituito con un appoggio più basso per avere degli scatti a filo d'acqua, e non visti dall'alto;
  • Telecomando Canon RS-60E3;
  • Flash Remoto Canon Speedlite 430EX II;
  • Contagocce.
Ho impostato la fotocamera in modalità a scatto continuo, ISO automatico, apertura 55mm per i primi scatti, e poi 80mm per gli ultimi. Ho messo a fuoco al centro del bicchiere, bloccato il fuoco, riempito il contagocce, e poi... Mentre rilasciavo le gocce in caduta libera nel bicchiere, da un'altezza di circa 50 cm, ho dato il comando di scatto.
Tra un tentativo e l'altro ho prodotto 585 scatti, di cui ho salvato 38 foto.
Qui di seguito potete osservare alcuni scatti che ho ottenuto da questo primo esperimento. Le foto sono state pulite al computer, e aggraziate dall'applicazione di alcuni filtri fotografici.

80mm F/5.6 1/200" ISO200

80mm F/5.6 1/200" ISO400

80mm F/5.6 1/200" ISO400
Dei 38 scatti sopra citati, 17 sono visibili online sul mio account Flickr, in questo album.

L'intera sessione fotografica ha richiesto più di 2 ore di lavoro, a cui è stato necessario aggiungere un altro paio di orette al computer per selezionare gli scatti migliori, pulire le foto da eventuali schizzi indesiderati sulla lente, applicare i filtri fotografici, eccetera eccetera.

Alla fine mi ritengo soddisfatto dalla prima prova, anche se - come vi ho già anticipato - c'è ampio margine di miglioramento. Da questa esperienza cosa ho dedotto:
  • Usare un contenitore più ampio al posto del bicchiere.
  • Stare più lontano dal contenitore, gli schizzi che colpiscono l'obiettivo vanno a sporcare le foto. Conviene usare uno zoom più spinto, mettere la macchina sul cavalletto grande, e scattare le foto a distanza di sicurezza.
  • Illuminare meglio il set fotografico, così da non dover dipendere dai flash (n.d.r. anche se l'effetto stroboscopico rende i singoli scatti molto più affascinanti). L'uso del flash limita la velocità di scatto continuo per via dei tempi di ricarica. Molte delle 585 foto mostrano la superficie agitata dell'acqua e non le gocce in caduta libera, e neppure l'impatto con la superficie dell'acqua stessa. Una alternativa potrebbe essere quella di far cadere le gocce da un'altezza più grande così da mantenere i flash e guadagnare qualche secondo per la loro ricarica. Bisogna valutare pro e contro delle varie tecniche.


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